Linguaggi Obliqui è la categoria di Uomo Fuori Traccia dove il linguaggio non è solo uno strumento per dire qualcosa, ma un territorio da esplorare. Qui si indaga il modo in cui le parole costruiscono realtà, tracciano confini mentali, creano identità e, spesso, ingabbiano il pensiero. Non si tratta solo di stile. Si tratta di potere. Perché chi controlla le parole, controlla la narrazione.
Ogni articolo di questa sezione mette sotto la lente i linguaggi comuni, le espressioni automatiche, le formule vuote. Ma non per correggerle con un tono da maestri: per mostrarne la struttura nascosta. Il modo in cui certe parole appaiono neutre ma sono portatrici di controllo, paura, omologazione. Il modo in cui certi discorsi sembrano inclusivi ma producono conformità.
Linguaggi Obliqui è lo spazio in cui si sperimenta un altro modo di parlare e pensare. Dove si accetta che non tutto si può dire in modo lineare. Dove il linguaggio diventa strumento di deviazione, non di decorazione. Le parole qui sono scalpellate, distorte, piegate, fino a quando non mostrano il bordo. Non per confondere, ma per aprire.
Questa categoria è per chi non si fida dei discorsi “troppo chiari”. Per chi sente che ogni parola usata troppe volte perde potenza. Per chi sa che dietro ogni frase fatta si nasconde una mappa mentale già tracciata da altri.
È per chi ama le crepe nel significato. Le sfumature non etichettabili. Le definizioni che non chiudono, ma lasciano entrare aria.
Linguaggi Obliqui è una palestra mentale. Un laboratorio di destrutturazione.
Ogni articolo è un invito a rallentare, a leggere tra le righe, a parlare meno… ma dire di più.
Perché a volte cambiare le parole è l’unico modo per cambiare il mondo che ti porti dentro.